Vinitaly torna in presenza dopo due anni di pausa a causa della pandemia e lascia un segno indelebile nel campo dell’enogastronomia.
Se da un lato, infatti, il numero di visitatori e wine lovers è fortemente diminuito rispetto alle edizioni precedenti (quasi un -20%), dall’altro si è registrato un incremento esponenziale per quanto riguarda la categoria dei compratori stranieri e dei professionisti del settore, che quest’anno hanno raggiunto una quota di presenza pari a 25mila.
Grandi assenti i buyers cinesi e russi, a causa del conflitto che sta attualmente interessando Ucraina e Russia, ma la loro mancanza, per quanto sentita, non è stata debilitante: la Cina non ha mai superato il 3% dell’export Made in Italy, una percentuale abissalmente diversa da quelle registrate, invece, da alcuni dei compratori che hanno visitato Verona nelle giornate precedenti.
Infatti, fortissimo l’interesse da parte di buyers provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada, mentre in Europa rimangono costanti Germania, Scandinavia, Regno Unito e Svizzera.
“Dopo due anni di stop”, spiega il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani.“Erano molte le incognite sul ritorno in presenza, ma tutti i nostri timori sono stati spazzati via da un numero inaspettato di arrivi. Un flusso anche difficile da preventivare perché rispetto alla fase pre-Covid i buyers non si accreditano più alla manifestazione con tre mesi di anticipo ma arrivano anche all’ultimo momento. Abbiamo anche effettuato con Ice Agenzia un grande lavoro di selezione e di incoming, cioè di invito, di operatori in Italia, ma i risultati sono andati oltre le nostre aspettative”.
“Vinitaly consolida il proprio ruolo propulsivo per lo sviluppo delle imprese del vino” aggiunge, inoltre, il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese. “Per il futuro lavoriamo su una fiera ancor più taylor-made con il suo tessuto di riferimento e su una profilazione degli operatori che già quest’anno ha mostrato risultati importanti, con ingressi contingentati e più qualificati”.