Quando si percorrono le strade che si snodano tra le colline del Monferrato, la vista si perde tra filari ordinati e borghi antichi che raccontano storie di lavoro e passione. Qui, dove la terra è ricca di argille e sabbie che donano ai vini carattere e identità, la viticoltura è molto più di un’attività economica: è un atto d’amore verso il territorio e una missione che si tramanda di generazione in generazione.
La Tenuta Olim Bauda, situata nel cuore di questo scenario mozzafiato, rappresenta una delle espressioni più autentiche di questa tradizione. Guidata dalla famiglia Bertolino, la tenuta è una testimonianza vivente di come il rispetto per la storia possa convivere con lo sguardo rivolto al futuro. I vini prodotti qui — dal Nizza alla Barbera d’Asti Superiore al Moscato d’Asti — sono celebri per la loro eleganza e per la capacità di racchiudere in un sorso l’essenza del Monferrato.
In un momento in cui il settore vitivinicolo affronta sfide epocali — dal cambiamento climatico alle mutate esigenze del mercato — Olim Bauda si distingue per il suo approccio che coniuga sostenibilità, tradizione e innovazione. Ma dietro ogni etichetta, ogni bottiglia, c’è una storia fatta di volti, mani e gesti antichi che i Bertolino conoscono bene.
In questa intervista, Gianni Bertolino ci accompagna in un viaggio tra i filari della tenuta, raccontando la storia della famiglia, i segreti di una viticoltura di qualità e il futuro che si vuole costruire per le prossime generazioni, con un unico obiettivo: fare della terra un patrimonio da custodire e tramandare, un’eredità che si riflette in ogni calice di vino.
Gianni hai dedicato un pezzo della tua vita alla Barbera
Sì, esatto, hai detto bene. Ho 51 anni e ho dedicato praticamente metà della mia vita, ben 25 anni, a questa causa. Per me è qualcosa di molto sentito, un impegno che condivido con tanti colleghi. Abbiamo lavorato intensamente per migliorare la percezione di questo vitigno e di questo vino, la Barbera, anche attraverso la denominazione nata come sottozona nel 2000 e poi evoluta fino a ottenere il riconoscimento di Nizza DOCG nel 2014. Nel 2019, infine, è arrivata anche la convalida ufficiale da parte della Commissione Europea, sancendo definitivamente questo traguardo.
Oggi, a tutti gli effetti, Nizza DOCG è una delle denominazioni di zona più rilevanti, grazie anche ai risultati raggiunti di recente. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo superato per la prima volta il milione di bottiglie prodotte, un traguardo che ha reso la denominazione sempre più concreta e visibile sul mercato del vino. Il numero degli associati ha superato le 90 unità, coinvolgendo sia aziende di grande prestigio sia realtà più piccole. Inoltre, ci sono produttori della vicina Langa che hanno deciso di investire nel Nizza, così come investitori stranieri che hanno creduto nel potenziale di questa zona.
Questi 25 anni sono stati un percorso lungo e faticoso, fatto di lavoro intenso e condivisione tra produttori. Ma i risultati raggiunti dimostrano che ne è valsa la pena: Nizza DOCG oggi è una realtà solida, riconosciuta e apprezzata.
Il numero imbottigliato sfioria il milione di bottiglie, il consumatore a che prezzo trova la bottiglia e soprattutto qual’è la differenza tra una Barbera tradizionale e un Nizza?
La questione del prezzo è sempre delicata, perché è difficile indicare una cifra precisa. Ogni azienda ha la propria politica, quindi i prezzi possono variare. Tuttavia, possiamo dire che in enoteca un Nizza si trova generalmente tra i 27 e i 30 euro, mentre le versioni Riserva partono da oltre 30 euro, con punte anche significativamente più alte.
È importante fare una precisazione: quando parliamo del prezzo di un vino, lo facciamo con orgoglio. Non diciamo che un vino è “caro”, ma che è “costoso” in termini di produzione e promozione. Portare un vino in giro per il mondo ha un costo, e quel prezzo riflette il lavoro, la qualità e il valore che il consumatore percepisce. Dopotutto, se non ci fosse questa percezione di qualità, nessuno sarebbe disposto a pagare certe cifre. Quindi, raggiungere determinati prezzi sugli scaffali è uno degli obiettivi che ci eravamo posti anni fa, quando abbiamo iniziato questo percorso.
E cosa deve trovare il consumatore dentro una bottiglia di Nizza? Innanzitutto, parliamo di un vino prodotto esclusivamente con uva Barbera al 100%, proveniente da una zona ben definita e piuttosto ristretta attorno a Nizza Monferrato. Sono 18 i comuni che possono fregiarsi della denominazione, tutti territori che, storicamente, hanno dimostrato di essere tra i migliori per produrre Barbera di grande personalità.
Il Nizza è un vino che si distingue per la sua ricchezza di frutta, struttura e acidità, caratteristiche che gli permettono di invecchiare facilmente per oltre 10, se non 15 anni. Sono vini longevi, di grande valore e, soprattutto, capaci di raccontare la loro origine e la passione con cui sono stati prodotti.
Mentre la resa per ettaro ?
La resa di uva per ettaro è volutamente bassa. Quando abbiamo scritto il disciplinare, ci siamo imposti un limite di produzione inferiore a sette tonnellate, quindi 70 quintali di uva per ettaro. Per fare un confronto, il disciplinare della Barbera d’Asti prevede una resa di 90 quintali per ettaro, mentre quello del Barolo ne prevede 80.
Noi abbiamo scelto di scendere a 70 quintali per ettaro con l’obiettivo di ottenere il massimo della qualità dai nostri vigneti. È stata una decisione importante, che riflette la volontà di valorizzare il territorio e garantire che ogni bottiglia di Nizza DOCG esprima al meglio le sue potenzialità.
Possiamo dire che, ormai, anche in termini di prezzo e riconoscimento sul mercato, il Nizza si sta affermando come il secondo vino più importante del Piemonte. Avete infatti superato, in alcuni casi, anche i prezzi del Barbaresco, giusto? Come valutate questo traguardo?
Abbiamo sempre guardato con grande ammirazione ai nostri “cugini” di Langa, traendo spunti dal loro lavoro per migliorare anche il nostro. Le denominazioni che hai citato, come Barolo e Barbaresco, sono realtà molto importanti, che hanno saputo valorizzare i loro territori in modo eccellente.
Oggi il Barolo è riconosciuto a livello internazionale come uno dei vini di punta dell’Italia, e il Barbaresco ha seguito un percorso altrettanto significativo. Entrambe queste denominazioni si sono sviluppate in territori ben definiti, puntando sulla qualità e sull’identità del prodotto.
Con l’uva Barbera, l’obiettivo è stato simile: creare una denominazione di altissimo profilo, capace di riflettere pienamente le peculiarità del nostro territorio. E, passo dopo passo, stiamo sicuramente andando in quella direzione.
Considerando che fino a poco tempo fa eri Presidente dell’associazione, quali sono le previsioni per i prossimi 4-5 anni? A quanti imbottigliati pensi che arriverà la denominazione?
Prevedere esattamente a quanti imbottigliati arriveremo tra quattro o cinque anni non è semplice. Tuttavia, l’obiettivo che ci siamo dati per il futuro è raggiungere una produzione di 3-4 milioni di bottiglie. Questo traguardo rappresenterebbe una dimensione non enorme, ma comunque significativa.
Ci teniamo a mantenere un equilibrio: vogliamo che la denominazione resti concentrata sulla qualità, ma al tempo stesso raggiunga una visibilità importante sul mercato. Per ottenere questo risultato, è necessario superare una certa soglia produttiva, perché il mercato globale è vasto e competitivo.
In ogni caso, i numeri attuali e la crescita che stiamo registrando ci fanno pensare che stiamo andando nella giusta direzione.
Veniamo adesso al brand Olim Bauda, quanti ettari gestite e quante bottiglie producete?
Come hai detto, la Barbera rappresenta il cuore della nostra produzione: circa il 65% di quello che facciamo proviene da questa varietà. L’azienda oggi gestisce complessivamente circa 100 ettari di terreno, di cui 30 ettari sono vigneti di nostra proprietà, tutti certificati biologici già da qualche anno. Inoltre, seguiamo altri 40 ettari di vigneti per conto di un investitore straniero. In totale, quindi, gestiamo circa 140 ettari di terreno, di cui 50 ettari sono vigneti bio.
Penso che questa sia una delle realtà più interessanti della zona, soprattutto considerando l’approccio biologico che abbiamo adottato. Riuscire a gestire così tanti ettari in biologico non è stato semplice, ma è stata una sfida che abbiamo deciso di affrontare sei o sette anni fa, ottenendo la certificazione nel 2022.
Mio fratello si occupa personalmente della parte agronomica. È molto appassionato e ha seguito con grande dedizione questa transizione al biologico. Devo dire che quest’anno, il 2024, nonostante una primavera particolarmente piovosa che ha aumentato il rischio di malattie per le viti, è riuscito a fare un lavoro eccellente, portando a maturazione uve perfettamente sane.
Quest’anno abbiamo anche introdotto un nuovo metodo di vinificazione. Su alcune particelle dei nostri vigneti abbiamo iniziato a vinificare in tini aperti, con fermentazione a grappolo intero. Chi conosce bene il mestiere sa che questa tecnica si può applicare solo quando le uve sono in condizioni perfette, integre e sane. È stata un’ulteriore sfida che abbiamo voluto raccogliere, e i risultati finora sono molto promettenti.
Per quanto riguarda l’imbottigliamento, produciamo poco più di 200.000 bottiglie. Facciamo una selezione molto rigorosa delle uve, privilegiando piccole produzioni, e successivamente operiamo un’ulteriore selezione sui vini una volta completata la vinificazione, per garantire la massima qualità del prodotto finale.