Ancora una volta, la Coldiretti ha messo in scena una protesta spettacolare contro l’importazione di olio d’oliva al porto di Civitavecchia. L’associazione agricola, da anni in prima linea contro l’arrivo di olio straniero in Italia, ha organizzato un nuovo evento mediatico per denunciare le politiche di importazione che, a loro dire, metterebbero in difficoltà i produttori italiani.
Secondo l’associazione degli agricoltori, queste importazioni favorirebbero frodi e abbasserebbero i prezzi dell’olio extravergine italiano, danneggiando i produttori nazionali. Ma i dati smentiscono questa narrativa: il prezzo dell’olio è ai massimi storici e la produzione italiana è in forte calo.
Le affermazioni di Coldiretti sulla presunta crisi dei prezzi non trovano conferma nei dati di mercato. A febbraio 2024, il prezzo dell’olio extravergine d’oliva in Italia si è attestato tra i 9,2 e i 9,5 euro al chilogrammo, più del doppio rispetto al 2022, quando si aggirava intorno ai 4 euro. Mentre in Spagna, Grecia e Tunisia i prezzi hanno iniziato a scendere attestandosi tra i 7 e gli 8 euro/kg, in Italia restano stabili sopra i 9 euro/kg, un record che perdura da due anni.
Se non c’è un crollo dei prezzi, qual è il vero problema? La produzione. Nel 2024, l’Italia ha registrato un calo produttivo del 32%, scendendo a 224 mila tonnellate, a causa della siccità e della diffusione della Xylella in Puglia (regione che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale). Questo ha fatto retrocedere l’Italia al quinto posto tra i produttori mondiali, dietro Spagna, Turchia, Tunisia e Grecia.
L’Italia, oltre a essere uno dei maggiori consumatori di olio d’oliva al mondo, è anche un paese trasformatore che esporta gran parte del proprio prodotto finito. Il mercato italiano, quindi, non può fare a meno delle importazioni. I dati di Ismea rivelano che nel primo semestre del 2024 l’export italiano di olio è aumentato del 63%, raggiungendo 1,7 miliardi di euro, mentre le importazioni sono calate del 16%. Paradossalmente, dunque, l’allarme lanciato da Coldiretti su una presunta invasione di olio straniero appare infondato: le importazioni stanno diminuendo, non aumentando.
Se c’è un’emergenza, è quella dei prezzi elevati. Secondo Ismea, la costante crescita del prezzo dell’olio sta portando a una riduzione nei consumi. Con il costo al litro vicino ai 10 euro, l’olio extravergine d’oliva rischia di diventare un bene di lusso, allontanandosi sempre più dalle tavole delle famiglie meno abbienti.
Nonostante questo scenario, Coldiretti continua a chiedere un blocco delle importazioni, il che porterebbe inevitabilmente a un ulteriore rialzo dei prezzi. Una politica protezionista che, anziché favorire il settore, rischia di danneggiare i consumatori e aggravare la crisi dei consumi.
A fronte di questi dati, l’azione delle “tute gialle” appare più come una mossa mediatica che una reale difesa del comparto olivicolo italiano. In un mercato globalizzato, chiudersi alle importazioni non è la soluzione: l’unico modo per garantire la competitività dell’olio italiano è investire in innovazione, sostenibilità e qualità, non in guerre commerciali basate su slogan populisti.