Un nuovo simbolo si prepara a fare il suo ingresso nel mondo del vino piemontese. Alla fine dell’iter previsto tutti i vini prodotti nella regione saranno contrassegnati da un bollino distintivo con la scritta “Piemonte”. L’iniziativa, fortemente voluta dalle istituzioni regionali, nasce con l’obiettivo di rafforzare l’identità territoriale e di promuovere la qualità del vino piemontese a livello nazionale e internazionale. Ma è davvero una necessità per il settore, o rischia di trasformarsi in una sorta di operazione di marketing fine a se stessa?
Il bollino, che sarà applicato sulle etichette di tutte le bottiglie di vino provenienti dalla regione, mira a garantire l’origine e la qualità del prodotto, creando un marchio riconoscibile e distintivo. Un simbolo che vuole diventare sinonimo di eccellenza, dando visibilità a una delle regioni vinicole più prestigiose d’Italia. Con vini che spaziano da Nebbiolo e Barbera a Dolcetto e Arneis, il Piemonte vanta una tradizione millenaria e una reputazione consolidata in tutto il mondo. Ma il bollino ha davvero bisogno di essere lanciato, considerando che la maggior parte dei consumatori già riconosce la qualità dei vini piemontesi?
Secondo i sostenitori dell’iniziativa, il bollino “Piemonte” ha l’obiettivo di fare sistema, di unire sotto un’unica bandiera tutte le aziende vinicole della regione, indipendentemente dalla loro dimensione o fama. Un modo per creare un’alleanza tra i produttori e comunicare con maggiore efficacia il valore del territorio. Le esportazioni di vino italiano sono in continua crescita, e in un mercato globale sempre più competitivo, essere in grado di distinguersi è fondamentale. Il bollino, in questo senso, rappresenta un chiaro segno di appartenenza e di qualità garantita.
Ma c’è chi considera l’operazione come una sorta di eccesso di autoincensamento come precedentemente avvenuto con Piemonte Land of Perfection. Non mancano le critiche da parte di alcuni produttori, che ritengono che un bollino del genere non faccia che aggiungere una spesa inutile, senza garantire un effettivo ritorno in termini di visibilità o vendite. Alcuni sostengono che la qualità dei vini piemontesi parli già da sola e che un contrassegno non faccia altro che complicare ulteriormente le etichette e i costi di produzione. “Il Piemonte è già sinonimo di qualità, non c’è bisogno di un bollino per farlo conoscere”, è l’opinione di alcuni produttori, temendo che l’iniziativa possa rivelarsi più dannosa che utile, creando confusione tra i consumatori.
Il successo del bollino “Piemonte” dipenderà quindi dalla sua capacità di non ridurre la diversità e la ricchezza della produzione vinicola piemontese a una semplice etichetta. La sfida sarà quella di coniugare l’identità territoriale con la singolarità dei singoli produttori, senza appiattire le differenze che fanno della viticoltura piemontese un settore così ricco di sfumature.
Nel mondo del vino, le denominazioni, i consorzi e le associazioni sono strumenti di valorizzazione e promozione. Tuttavia, a volte l’entusiasmo può portare a scelte che, con il senno di poi, risultano eccessive. Un caso emblematico fu quello della nascita del super consorzio che oggi rappresenta il meglio della produzione vinicola piemontese: il Piemonte Land.
Quando venne istituito, questo ambizioso progetto fu battezzato con un nome che suscitò non poche reazioni: Piemonte Land of Perfection. Un nome evocativo, quasi solenne, che sembrava voler consacrare il Piemonte come l’apice della perfezione vinicola mondiale. Se da un lato la scelta mirava a sottolineare l’eccellenza della regione e dei suoi vitigni, dall’altro rischiava di apparire troppo autoreferenziale e persino narcisistica.
Non mancarono critiche da parte di produttori e addetti ai lavori, che vedevano nella scelta un eccesso di presunzione. La perfezione, nel mondo del vino, è spesso un concetto sfuggente, legato più alla passione e alla tradizione che a un’affermazione assoluta. Così, con il passare del tempo e con il cambio della presidenza, si arrivò a una revisione del nome. Sotto l’intelligente guida di Matteo Ascheri, l’eccesso fu limato e il consorzio assunse una denominazione più sobria e accattivante: Piemonte Land.
La correzione fu accolta con favore: il nuovo nome manteneva un respiro internazionale, ma senza quelle sfumature che potevano risultare esagerate.
In definitiva, l’introduzione del bollino potrebbe essere vista come una mossa strategica per aumentare la competitività dei vini piemontesi, ma non mancano i dubbi sul suo effettivo impatto sul mercato.