Il Vermouth sta vivendo una nuova stagione di successo. Prodotto di punta tra i vini aromatizzati e unica Indicazione Geografica Protetta (IGP) della sua categoria, ha registrato una crescita straordinaria nel 2024. «Negli ultimi sei anni, la produzione è passata da 2,4 a 6,8 milioni di bottiglie, con un incremento medio annuo del 24,7%», spiega Pierstefano Berta, direttore del Consorzio nato ad Asti nel 2019. Il fatturato è salito da 32,6 a 172,2 milioni di euro, grazie soprattutto all’export, che oggi rappresenta il 65% delle vendite.
Stati Uniti e Regno Unito guidano la domanda internazionale, ma il Vermouth di Torino è apprezzato in 82 paesi, dalla Thailandia ai Caraibi, dal Canada al Giappone. Può essere gustato liscio, con ghiaccio o nel classico Negroni, ed è così popolare che il Consorzio, sotto la guida di Roberto Bava, ha deciso di tutelarlo da imitazioni registrandone il marchio in Italia, nell’Unione Europea, nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Proprio in America, il nome “Vermouth di Torino” era già noto a metà Ottocento, quando spopolava nei caffè e nei salotti dell’epoca.
Un passato illustre
«Mentre a Torino il Vermouth era protagonista dell’aperitivo, a Parigi si ordinava “un Torino” e a Madrid si diceva “vamos a un vermut”», racconta la storica Giusi Mainardi, intervenuta a un evento organizzato dall’Associazione Italiana Sommelier di Torino. Tra i 45 produttori soci del Consorzio, spiccano storiche aziende astigiane come Bosca, Cocchi, Gancia e Tosti, che hanno contribuito a definire l’identità di questo vino aromatizzato fin dal XIX secolo. Negli ultimi anni, nuove realtà si sono unite alla tradizione, arricchendo il mercato con una gamma sempre più ampia di etichette, ognuna caratterizzata da sfumature uniche e da ricette gelosamente custodite.
Le ricette segrete
Il Vermouth di Torino si distingue per una combinazione complessa di ingredienti, che possono includere fino a 30 diverse erbe e piante aromatiche. L’unico elemento imprescindibile è l’Artemisia absinthium, nota anche come assenzio maggiore, da cui deriva il nome stesso del prodotto (dal tedesco wermut). Oggi, i coltivatori di queste essenze fanno parte attiva del Consorzio, impegnato nella certificazione della qualità e della provenienza delle materie prime. «Il nuovo Statuto in fase di definizione rafforza il ruolo dei titolari delle ricette e introduce due principi fondamentali: la promozione della sostenibilità nella filiera e la parità di genere all’interno dell’assemblea e del consiglio d’amministrazione», anticipa il direttore.
L’arte del Vermouth
Per promuoverlo a livello internazionale, negli ultimi tre anni il Consorzio ha investito nella campagna Mediterranean Aperitivo, in collaborazione con il Consorzio del Limone di Amalfi, il Pecorino Toscano e le Olive Greche. Il legame con il turismo è sempre più forte, con progetti come la Strada del Vermouth Torino, registrata nel 2024, e il futuro Museo del Vermouth, che sorgerà a Palazzo Ottolenghi. «Il percorso espositivo sarà articolato in sei sale multimediali», anticipa Giusi Mainardi, curatrice dei contenuti. L’inaugurazione è prevista per la seconda metà del 2025.