Eccellenza e storia, lusso e investimento. Il Brunello di Montalcino racchiude in un brand i valori che ne fanno un bene rifugio o un lusso democratico. Il tutto nel segno della qualità.
Il presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci l’aveva preannunciato a novembre 2020 e oggi, leggendo i dai registrati da Valoritalia, non è stato smentito: l’annata 2015 è sato un “vaccino commerciale” nell’anno del Covid. Sono infatti quasi 9 milioni i contrassegni Docg consegnati nel 2020 dal Consorzio per altrettante bottiglie di Brunello di Montalcino pronte alla vendita, il che significa un netto +12,2% rispetto alle bottiglie immesse sul mercato nel 2019 e un soddisfacente +4,3% alla media degli ultimi 5 anni.
Protagonista il millesimo 2015, giudicato straordinario dalla critica internazionale e oggetto di un boom di ordini da tutto il mondo già prima del suo esordio sugli scaffali, dato che le principali penne enoiche del mondo avevano suggerito di accaparrarsi questo investimento in bottiglia.
Ottime notizie anche da un’altra predestinata – l’annata 2016 – per cui tra novembre e dicembre scorsi sono stati richiesti 2,7 milioni di contrassegni Docg per altrettante bottiglie pronte a essere distribuite nel mondo. «Il che significa che un quarto della produzione di Brunello 2016 è già venduta ad oggi», chiarisce Bindocci.
L’emergenza sanitaria, osserva il Consorzio, ha certamente limitato ma non fermato una crescita che sarebbe stata ancora più netta senza i cali di richieste dei mesi di maggio e dicembre. Stabili nel 2020 (-1%, a oltre 4,1 milioni di bottiglie) le consegne di contrassegni per il Rosso di Montalcino.
«Abbiamo avuto la fortuna di affrontare un periodo così difficile con le 2 annate consecutive migliori della storia come alleate – rimarca Bindocci – e se la 2015 ci ha consentito di difenderci nel migliore dei modi, la 2016 ha tutte le carte in regola per consolidare il posizionamento del Brunello». C’era forte preoccupazione per l’impatto della Brexit, ma al momento gli ordini sembrano addirittura crescere.
«Sicuramente la lungimiranza di questa denominazione è stata dimostrata con la scelta di fermarsi nel 1997 e dire basta all’impianto di vigneti a Brunello – chiarisce il presidente, con sguardo retrospettivo – È stato un passo importante per non inflazionare il mercato. Io ho un’esperienza di oltre quarant’anni di lavoro in cantina e ho visto l’ascesa dell’astro Brunello, per questo posso dire che non è frutto del caso. Le aziende hanno investito attenzione ed energie in qualità e innovazione, perché non è l’enologo famoso che arriva in elicottero a fare un grande vino, ma è il lavoro accurato del contadino che dirada e raccoglie l’uva al momento giusto, oltre alla tecnologia in cantina che permette di ottenere grandi vini anche nelle annate più difficili».
Il blocco del turismo straniero ha inferto ferite profonde al sistema enoturistico montalcinese. «L’estate ha visto il piano di italiani ed è andata bene, ma per ristoranti ed enoteche sono mancati soprattutto i big spender americani, brasiliani o asiatici».
La domanda sorge immediata: quanto pesano il brand e i punteggi delle guide internazionali sulla tenuta del Brunello? «Montalcino attrae e sicuramente i punteggi assegnati alle annate 2015 e ora 2016 trainano la domanda – conferma Bindocci – ma se compri un vino, lo stappi e non trovi la qualità qualcosa non funziona. Il nostro è un vino da un territorio unico e siamo stati bravi a dare forza al brand». E allo stesso tempo è un lusso abbordabile, «tanto che in molti, soprattutto in Italia, dovendo rinunciare a una cena al ristorante, hanno scelto di accompagnare alla cucina in famiglia bottiglie che potessero rappresentare un piacere».
C’è poi il filone del lusso legato i fine wines, scelti come investimento a lungo termine. «Prima si parlava solo di vini francesi, perché i cugini sono stati più bravi – ammette il presidente – Oggi anche il Brunello è presente e c’è interesse a comprarlo come forma di investimento, tanto che lo spostamento verso i grandi formati è netto. Il mercato USA in particolare ha rafforzato da anni la domanda di magnum e doppia magnum».